|
|
|
QUARTETTI
Dal 10 al 20 marzo 2009
Quintocortile - Via Col di Lana 8 - Milano
A cura di Donatella Airoldi
Essere quarti è quella dimensione in cui tutto si smarrisce, per un soffio non si riceve la medaglia, non si sale sul triangolo celeste, non si inneggia al tappo di uno champagne fuoriuscito per stupore e rabbia.
Leon Battista Alberti affermava che l’arte è un processo di conoscenza il cui fine non è tanto la conoscenza della cosa quanto la conoscenza della capacità di conoscere.
Quartetti, o quadrittici, o uno diviso in quattro: sfogliando musei, chiese, gallerie non troviamo molto di tutto ciò; troviamo invece vere apoteosi del trittico, della trinità, della composizione triangolare.
Il quarto di un qualcosa non possiede vertice, non contempla il potere e per i teologi è difficile immaginare un dio diviso in quattro.
“Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, affinché tu, quasi libero e sovrano creatore di te stesso, ti plasmi secondo la forma che preferirai. Potrai degenerare verso gli esseri inferiori, che sono i bruti, potrai, seguendo l’impulso dell’anima tua, rigenerarti nelle cose superiori, cioè in quelle divine". (da Giovanni Pico della Mirandola)
Il ‘doppio’, nello psicodramma classico moreniano, è il sé impersonificato nel gioco dei ruoli da un altro membro del gruppo, è il se stesso sdoppiato che può agire senza le regole imposte dall’io, la materializzazione a volte dell’inconscio, bizzarro e straordinario, dove la creatività e il taglio dei freni inibitori può prendere il sopravvento e scuotere il reale lasciando ampi spazi alla creatività.
E il doppio del doppio? Come in un doppio gioco di specchi ci porta a l’altro-sé, alla riunificazione totalizzante delle parti. Non c’è chi vince e chi perde, ciascuno è anche l’altro.
Quattordici artisti e una mostra in cui il quattro diventa un enigma fascinoso da indagare, con l’ossessione del possesso esclusivo tra bianco, carta, legni, creta, blu cobalto e piccole sagome trafitte.
Sollevare velocemente la voce per poter corrompere le fila di segmenti composti in ansie squittenti alle semplici dismissioni di pargoli golosi.
In queste opere il quartetto appare talvolta come una citazione indotta, altre volte prorompe in tutta la sua possibile equità di ruoli e il pieno-vuoto di una parte si riflette nel vuoto-pieno dell’altra. Teorie di quattro elementi simili si affiancano a indicare la realtà di pezzi di mondo che camminano insieme e feroci ripetizioni ci assalgono con l’esasperazione del dubbio rimarcata dal loro stesso determinato anteporsi. Oasi di equilibrio e catene di montaggio, piccoli santi affiancati e mondi tecnologici standardizzati. Altrettante visioni di artisti con l’evidenza che in ciascuna cosa è possibile esprimere il tutto e che leggere dietro l’apparenza è un obbligo.
Nel processo di crescita di ciascuno è indubitabile che il fattore e motore principale sia costituito dalla spinta a differenziarsi e individuarsi. Energia possente di piacere e anche di paura che, continuativamente come in una progressione/ regressione, sfiorando o fondendosi con la dimensione fusionale, diviene estremamente attrattiva e persuasiva verso un doppio che non riesce più a dividersi ma che crea altri doppi. Sacrifici invasivi senza differenziazione. La perdita del paradiso perduto, la perdita del rapporto fusionale aprono una voragine incolmabile nel bisogno di scioglersi.
Colpevole il due elevato a potenza.
Quattro nel medioevo era un numero risolutore, il numero della perfezione morale.
La riscossa del quattro e vai.
|
|
|
|
|